Incidenti mortali in montagna. Di chi è la colpa?
Quando si parla di tragici eventi in montagna, molti giornalisti ed esperti puntano il dito verso le cause naturali imprevedibili, demonizzando la natura 'matrigna' con le sue bufere improvvise, il cambiamento climatico, il fato e una pericolosità non prevedibile. Volendo possiamo osare con un gergo mediatico: 'mai accaduto finora'.
Intervistiamo Davide Peluzzi, Presidente EXPLORA GUIDE Escursionistiche Spedizioni Internazionali, che nel suo percorso professionale ha anni di esperienza in ambienti estremi come l'Artico e l'Himalaya. Ci risponde così alla domanda: come ridurre al minimo i rischi in montagna e come possono essere previsti? E nel caso di incidenti, di chi è la colpa?
'Chi la montagna la rispetta e conosce i propri limiti, sa che il rischio è ad ogni passo e gli eventi tragici hanno sempre una causa prevedibile.
Ma la principale causa è la scarsa preparazione, la non esperienza. Le cause sono da assoggettare al mancato dialogo con la natura e alla non valutazione dei rischi. Ricordiamo che non esiste il rischio zero e che i pericoli in montagna possono dipendere dalle leggi della natura, ma anche da un comportamento sbagliato dell'uomo nei confronti della montagna, come gli errori di valutazione.
I primi vengono chiamati 'pericoli oggettivi' (valanga, abbassamento e/o innalzamento della temperatura, ghiaccio, vento, neve, esposizione dei versanti, caduta massi, caduta ghiaccio, terremoti, ecc..); i secondi vengono definiti 'pericoli soggettivi' (abbigliamento non idoneo, reazioni emotive negative, panico, alimentazione errata, non conoscenza dei propri limiti, non conoscenza del territorio e degli elementi della natura, superficialità nel non saper valutare i rischi, la non conoscenza della geologia e morfologia in generale, ecc...).'

Veicolare messaggi e modelli errati può influenzare i non esperti.
Aziende di settore nelle loro campagne pubblicitarie si promuovono con immagini accattivanti dove modelli e modelle sono in alta quota, in ambienti glaciali, con pantaloncini corti e t-shirt. Testimonial famosi incalzano sui profili social di grandi brand rimproverando 'i morti' di non essersi dotati di nuove tecnologie di rilevamento, come fossero la soluzione al problema. Mi sembra di capire che in natura la cosa più importante sia proprio non causare il problema. Riporto solo alcuni titoli di incidenti mortali in montagna. Ripercorriamoli insieme per analizzare quali siano state le reali cause di morte.
“Trentino, trovato morto uno dei due alpinisti inglesi dispersi sull'Adamello”
Corriere del Trentino
“Una valanga travolge 5 scialpinisti, tre morti in Piemonte”
ANSA
“Gran Sasso, i due alpinisti romagnoli sono morti per ipotermia”
SKY TG24
“Marmolada, il crollo del ghiacciaio, 11 morti”
TODAY SCIENZE
“Tragedia sul Monte Rosa: muoiono assiderate due donne'
RAI NEWS
“Due alpinisti morti per assideramento sul Monte Bianco”
SKY
“Ritrovati i corpi dei 4 alpinisti dispersi da 3 giorni sul Monte Bianco, morti per assideramento”
RAI NEWS
'I due alpinisti morti sul Gran Sasso. Il fratello: 'Farò un esposto, dovevano fermarli.'
Il Resto del Carlino
Davide Peluzzi ci risponde nello specifico:
'Sono stati commessi tutti errori importanti. Evitabili? Sicuramente sì. La mia non è sentenza, ma un appello alle coscienze e al buon senso.
Non ci si può trovare sotto un seracco verticale in estate, a luglio, alle ore 13.45 con il massimo irraggiamento solare. Il crollo del seracco era prevedibile. Quando non accade, in certe condizioni, bisogna stupirsi. Altri errori fatali sono la non conoscenza del territorio e delle dinamiche meteorologiche. Anche quest'ultime prevedibili per un esperto che sa leggere le indicazioni trasmesse dalla montagna. Bisogna avere una profonda conoscenza della meteorologia, della geologia e della pratica del 'montagnismo'. Consultare portali scientifici professionali per avere informazioni corrette sulle dinamiche della fisica dell'atmosfera e dei suoli (perturbazioni, venti, temperatura, valanghe, precipitazioni a carattere nevoso, temporali, fulminazioni, ecc...).
Un errore non è una 'colpa', anche il più esperto può commettere errori. Chi va in montagna deve accettare i pericoli ed essere pronto per affrontarli. Purtroppo un errore frequente, negli ultimi tempi, è la morte per ipotermia. La causa è sicuramente un abbigliamento non adeguato e un'esperienza non sufficiente nell'affrontare il problema. Un altro errore frequente è la non corretta valutazione del rischio alto di valanghe nei giorni successivi ad abbondanti nevicate.
La cosa più importante è saper capire quando è il momento di rinunciare.
Il vero obiettivo non è la vetta ma tornare a casa sani, salvi e felici.'
Articolo di Lidia Di Blasio
Resp. Comunicazione Explora Guide